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canederli connection

Oh welcome back, sono finite le ferie? Io ho preferito il tepore umido della pianura padana, per stavolta: ho apprezzato un’acqua diffusa nell’aria, anziché vederla concentrata ai miei piedi. Scelte vincenti. Siamo di nuovo in cucina, a guardare mestamente gli irriducibili baluardi che hanno picchettato tutta estate nei pensili. Tipo la semola di grano duro, che è sfuggita alle camole con delle piroette alla matrix. O il pane secco che, nonostante la già citata umidità lombarda, è riuscito comunque a diventare duro come le teste di alcune persone note ai più. Sarà proprio lui il protagonista di questa ricetta talmente estiva, ma talmente estiva, che nonostante i tremila gradi all’ombra l’abbiamo proposta anche alla festa di radio onda d’urto in data ventuno agosto duemiladiciotto. Allego testimonianza fotografica dell’accaduto. Aggiungo anche l’aneddoto della serata, per metterlo agli atti (abbiamo notai in sala?): una signora seduta (casualmente) al tavolo con degli amici, elogia i nostri canederli al punto che la mia amica mi chiama fuori dalla cucina per salutare la cara ammiratrice. La quale, al grido di selfiezzamoci!, mi abbraccia e mi chiede di pigiare il magico tastino per l’istantanea. Chiudo in gloria, applausi scroscianti, si chiude il sipario, fine primo atto.

canederli e selfie anche per la nostra super responsabile di stand (e per un braccio volante)

Insomma ieri, in preda all’entusiasmo che solo un frigo pieno di verdura fresca, bio e a km 0 può darti (specie dopo un’estate in solitaria in cui o cucinavo per ottanta persone o non mi facevo nemmeno bollire l’acqua per il cous cous), mi sono guardata in giro per trovare ispirazione su cosa cucinare. La scena è stata all’incirca la seguente.

Va da sé che l’idea del canederlo ha iniziato a ballarmi in testa. Normalmente faccio riferimento a questa mia vecchia ricetta, di volta in volta reinterpretata a sentimento. Se siete di quelli che hanno bisogno delle dosi al milligrammo, andate a vedere il link; se invece siete per l’anarchia anche in cucina, proseguite senza rimpianti.

Notate la qualità della foto, grazie

Prima di lasciarvi al motivo per cui siete venuti qui, ossia la ricetta (presumo), vorrei salutare il pubblico a casa e dedicare questi lussuriosi gnocchi di pane a due donzelle che oggi compiono gli anni. Le suddette sono state mie talentuose allieve al corso di cucina naturale che ho tenuto in primavera a Cernusco sul Naviglio, e dato che conosco le mie pollastre, so che vorranno la ricetta (edit: Chiara mi ha appena scritto, infatti). That’s why ho scritto canederli connection (ennesimo titolo dal quale non si capisce niente di quel che ho preparato): più vado avanti e più sono convinta che i legami instaurati intorno ai fornelli siano i più speciali. Buon compleanno, ragazze <3

CANEDERLI DI TENERUMI CON MELA RENETTA GRIGIA E CIPOLLA DI TROPEA

Cosa serve:

  • 150 g circa di pane secco
  • brodo vegetale freddo o latte vegetale non dolcificato qb
  • una cipolla di tropea
  • una mela renetta grigia (non perché ammuffita)
  • semola di grano duro o farina integrale di grano tenero o un mix delle due qb
  • 500 g di tenerumi di zucchina (googlateli) o altra verdura in foglia da cuocere
  • olio evo, sale, pepe, noce moscata, vino bianco, salvia e rosmarino
  • panna vegetale qb (facoltativa)

Come si fa:

Tagliate il pane secco a cubetti piccoli, fatevi venire una bella vescica sull’indice e maledite il momento in cui avete scelto di fare questa ricetta. Mettetelo in una ciotola capiente e, mentre mescolate con le mani, aggiungete il brodo finché tutto il pane non si è bagnato, ma senza diventare uno zuppone. Lasciate riposare.

Nel frattempo lavate i tenerumi (o qualsiasi altra foglia verde: erbette, spinaci, borragine) e lessateli in poca acqua salata. Scolateli, strizzateli, frullateli o tritateli finemente.

Tritate mezza cipolla e soffriggetela con poco olio. Se l’avete, una sfumatina di vino bianco ci starà benissimo.

Riprendete il pane: strizzate ed eliminate l’eccesso di brodo, aggiungete le foglie sminuzzate, la cipolla soffritta, il pepe, una valanga di noce moscata e impastate. Aggiungete la semola a cucchiaiate, sempre mescolando: dovrete ottenere un impasto morbido ma che riesca a formare delle palline. Regolate di sale. Lasciate riposare dieci minuti, poi formate le palline: non troppo grosse, fidatevi.

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A questo punto mettete su l’acqua per la cottura e preparate il condimento: affettate la mezza cipolla rimasta sottile, seguendo le nervature. Mondate la mela e tagliatela a mezze fettine spesse 1-2 mm. Rosolate la mela e la cipolla in una padella capiente con olio buono, quindi sfumatele con il vino bianco, aggiungete un trito di salvia e rosmarino freschi (un cucchiaio circa) e allungate con un goccio di panna vegetale.

Quando l’acqua bolle salatela, calate il primo canederlo e vedete come regge la cottura. Se tutto procede per il verso giusto, dopo qualche minuto salirà a galla e voi potrete lanciarlo nella padella del condimento a rosolare. A questo punto assaggiatelo con quel pathos coloniale che solo nelle pubblicità dell’ananas in lattina potete trovare. Avete detto sì? Tuffate gli altri canederli, delicatamente mi raccomando, e proseguite come sopra. Servite con dei semini di papavero e dell’altra noce moscata.