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vivere di kumquat

ci sono un po’ di cose che non sapevo sui kumquat. Ho un ricordo fortissimo di me bambina, che mangio tonnellate di mandarini cinesi a capodanno (insieme ai frutti della passione, grandissimo amore della vita: andavamo a rubarli dal cesto della frutta vicino al camino, mentre gli adulti erano distratti e impegnati a svuotare bottiglie) e poi basta per il resto dell’anno: pensavo venissero dalla Cina, e fossero un bene di lusso da concedersi una volta ogni tanto. Da allora, il vuoto siderale: ho smesso di passare il capodanno con gli amici dei miei, e di occasioni per comprare questi pallini tondi non ne ho più trovate. Poi sai, la paranoia delle cere sugli agrumi ha fatto il resto (certo, difficile immaginare che qualcuno possa passare la vita a spruzzare schifezze sulla buccia edibile di questi affarini, ma tant’è), e i piccoli mandarini cinesi sono finiti nel dimenticatoio.

Poi sono arrivate le vacanze di pasqua, e noi qui abbiamo fatto fagotto e siamo andate in Versilia a trovare le nostre amiche. Grandi sbevazzate, intense abbuffate (ho preparato una fantastica – lasciatemi vantare! – pastiera vegan, con tanto di grano antico ammollato per tre giorni e canditi di pasticceria, fatta riposare per tre giorni come vuole la tradizione: esatto, fare la pastiera (e non mangiarla prima del dovuto) è un lavoro a tempo pieno) e una minuziosa raccolta dei frutti ospitati dagli orti delle amiche. Così, siam partite con pastiera e dolci vari, e siam tornate con kumquat e limoni (un chiaro messaggio tra le righe, vero?).

Riecco i kumquat, quindi, li ho staccati personalmente dall’albero di casa di mamma Ave, mentre mi asciugavo i capelli al sole del lunedì mattina (romanticheria necessaria dopo aver fuso un asciugacapelli, con tanto di fumo nero inspirato a pieni polmoni). Che ci fai con i mandarini cinesi? La marmellata, buonissima, è stato il primo pensiero. Lo sbattimento che solo le marmellate ti danno è stato il secondo. Ne esistono di ottime, senza zucchero e biologiche, in vendita in ogni supermercato: chi sono io per rinunciare a tale comodità? (una che faceva 30 barattoli di marmellata in pochi giorni, bruciandosi la voglia di farne per il resto della vita)

Scartata l’idea di passare ore china su un pentolone, ho pensato di seccarli con l’essiccatore. Cosa che effettivamente ho fatto, ma non solo. Cercando informazioni sui kumquat, scopro che si conservano sottaceto o sotto sale (vuoi non provare? giammai!) e, cosa più importante, che si chiamano Fortunella. Fortunella come me, che ne raccoglievo quasi due kg, prima di andare a fare un picnic in una giornata di sole.

Nel prossimo post vi lascio i link e le traduzioni per le conserve, in questo invece condivido il risotto – buonissimo – di ieri sera. Perché si può vivere, di kumquat.

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RISOTTO AGLI SPINACI CON KUMQUAT GLASSATI ALLO ZENZERO

(lo so che pubblico solo ricette di risotti: è il mio piatto preferito e, causa allergie, ho dovuto eliminare dalla dieta molto altro. Toglietemi tutto, ma non il mio riso!)

Cosa serve (per 2 persone):

  • 50 g di cipolla
  • 40 g di sedano (1/2 costa)
  • 1 cucchiaio e 1/2 di olio EVO
  • 5 pugni di riso carnaroli o arborio o semintegrale o integrale o fate voi (160 g)
  • 1/2 cucchiaino di curry
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • brodo vegetale qb
  • 3 cubi di spinaci surgelati (meglio freschi, ovviamente! meglio ancora, metà spinaci e metà catalogna)
  • 7-8 foglie di sedano

Per la glassa:

  • 8 kumquat
  • 5 g di zenzero (una noce)
  • 1 cucchiaino di olio EVO
  • 1 cucchiaio di sciroppo d’acero
  • 1 cucchiaio di tamari senza glutine
  • pepe nero macinato fresco

Come si fa:

Preparate un trito di cipolla e sedano, soffriggetelo nell’olio, poi aggiungete il riso e il curry. Tostate un minuto, sfumate con il vino, fate evaporare e portate a cottura con il brodo, un mestolo alla volta. Aggiungete gli spinaci al brodo o metteteli nel riso ancora surgelati, funziona uguale. A fine cottura prelevate una bella mestolata di riso e frullatela con le foglie di sedano e brodo qb fino a ottenere una crema verde: usatela per mantecare il riso al posto del burro.

A parte, tagliate lo zenzero a listarelle e i kumquat a fettine sottili, togliendo i semini. In un pentolino di acciaio, mettete zenzero, kumquat, acero, tamari, olio e 2-3 cucchiai di acqua. Cuocete per 3-4 minuti a fuoco lento fino a che lo sciroppo non si è ridotto quasi del tutto. Se lo riducete troppo, aggiungete un goccio d’acqua.

Impiattate con il risotto, i kumquat glassati al centro e una generosa spolverata di pepe nero appena macinato.

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risotto ai mille porri con crema di mele allo zafferano

Spolvera che ti rispolvero, ho ancora un consistente arretrato di ricette da propinarvi. Torte e lasagne ad esempio, tasto dolente perché mi si è rotto il forno. Non proprio rotto rotto, diciamo che si può ancora usare con qualche barbatrucco ma è un po’ pericoloso (forno a gas, ovviamente, se sentite BOOM! sono io che volevo fare i biscotti).
Andiamo sul risotto che è meglio e aspettiamo tempi migliori per ripensare alle prodezze piriche del mio potente mezzo.
Risotto semplice ai porri, con tante noci e una crema soffice di mela gialla e patata profumata allo zafferano. Per chiudere, del verde di porro croccante. A parte che sporcate mille e trecento pentole, è un piatto semplice. Giuro.

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Cosa serve (per 3):

  • 7 pugni di riso (200 g) semintegrale
  • 2 bei porri
  • Una mela gialla
  • Mezza patata (facoltativa)
  • Noci (4 a persona)
  • Brodo vegetale (500 ml)
  • Zafferano (una bustina)
  • Olio evo buono, sale, pepe
  • Vino bianco


Come si fa:
Preparate il risotto: tagliate a rondelle il porro lavato (parte bianca), soffriggetelo in poco olio, unite il riso, tostate, sfumate col vino, fate evaporare e cuocete col brodo bollente aggiunto poco alla volta. Niente di che. A fine cottura frullate due cucchiaiate di riso con poco brodo e un cucchiaino d’olio, e usate la crema ottenuta per mantecare.
Sbucciate la mela e la patata e tagliatele a pezzi, e cuocetele in poca acqua (o nel brodo del risotto, se ne avete). Scolatele e frullatele con lo zafferano e un goccio di brodo/acqua di cottura se serve. Regolate di sale e pepe.
Tagliate a rondelle la parte verde del porro e saltatela in un filo d’olio caldo, per un paio di minuti al massimo.
Sgusciate le noci.
Impiattate con crema, riso, noci e porro verde qua e là.

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cracker: si può faare!

post un po’ scemo, oggi. Sono sul letto a studiare, esattamente come ho fatto per tutto il liceo (nel senso che non amavo stare alla scrivania, non che ero una secchiona), a pranzo mi sono sbriciolata addosso i cracker che ho preparato ieri sera, con l’ hummus avanzato. Una pacchia. Ci tengo a sottolineare che non ho fatto finire le briciole tra le lenzuola: potrei impazzire!

Cracker, quindi: perché mai una in fase di studio dovrebbe mettersi a sfornare cento (C E N T O) pezzi sottili di pasta lievitata? Perché ha bisogno di altro, e questo altro se è croccante e al rosmarino ci piace anche di più! Al supermercato o hanno olio di palma o hanno costi proibitivi, e quindi: let’s do this! Prima di mettermi all’opera, ho cercato delle ricette su internet. Una volta ero brava, leggevo ed eseguivo, magari cambiando qualcosa; adesso leggo e mi dico “non hai gli ingredienti giusti!”, “oddio questa ha messo 25 g di lievito, è matta?”, “ma tutti con la pasta madre? uffa! io non ce l’ho” eccetera. Quindi va a finire che vado in cucina e improvviso, stando attenda alla consistenza delle cose, e spero che vengano bene. A volte non funziona affatto, altre volte mi bullo di aver creato piccoli capolavori. Tipo questi cracker: li volevo esattamente così – seeee, come no.

Comunque sono buoni, sono veloci, sono fatti con le farine che avevo in casa quindi meglio di così non potevo fare, e sono una cifra. Cinque alto ai crackerini!

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Cosa serve:

  • 200 g di semola di grano duro bio
  • 300 g di farina integrale bio
  • 1 cucchiaino di lievito secco in granuli
  • 1 cucchiaino colmo di malto di riso o orzo
  • circa 280-300 ml di acqua tiepida
  • 1 cucchiaino di sale fino (non sono eccessivamente salati: per me sono perfetti. Se cercate il gusto salato forte potete mettere qualche grano di sale in superficie – ma fa male e sono buoni così, quindi evitate, dai 🙂
  • 1 cucchiaio di aghi di rosmarino spezzetttati (o quello che avete)
  • 1 cucchiaino di foglie di lavanda spezzettate (facoltativo)
  • 30 g di semi di lino (o quelli che avete)
  • 30 ml di olio evo

Come si fa:

In un bicchiere mettete il lievito, il malto e un po’ di acqua tiepida (prelevatela dal misurino – fino a circa metà bicchiere) e mescolate per sciogliere bene tutto. Mettetelo sul calorifero per 10 minuti. In una ciotola mettere le farine, il rosmarino e i semini. Aggiungere l’acqua con il lievito e la schiuma, impastare aggiungendo l’olio e la restante acqua in cui avrete sciolto il sale. Trasferitevi su una spianatoia infarinata e impastate vigorosamente per almeno 5 minuti, in modo che l’impasto si rassodi e diventi meno appiccicoso. Aggiungete acqua se è duro, farina se appiccica ancora: alla fine dovete ottenere una palla morbida. Lasciatela sulla spianatoia infarinata, copritela con la ciotola che avete usato e andatevene. Tornate dopo un’oretta. Dividete il composto in 4 palle e appiattitele, una per volta, sulla spianatoia infarinata, con il mattarello anch’esso infarinato. Lo spessore finale si aggira intorno ai 3 mm. Ritagliate dei rettangoli con la rotella dei ravioli e fateli riposare per 30 minuti. La grandezza dei rettangoli è variabile: io sono stata all’incirca intorno alla misura da cracker 😉

Scaldate il forno a 190°C, adagiate i cracker su una teglia rivestita di carta da forno e bucherellateli con una forchetta. Cuoceteli per 15-20 minuti, finchè non sono dorati, dopodichè metteteli su una gratella a raffreddare e infornatene degli altri. Ci vuole del tempo, è vero, ma alla fine avrete una bella scorta!

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Abbinamenti

più che abbinamenti parlo proprio del piatto che avevo in mente quando mi sono inventata i cracker. Avevo voglia di finocchi cotti (giuro, ho appena scoperto che se li tieni poco sul fuoco si brasano e diventano buonissimi. Lo so cosa pensi, facevano schifo anche a me) e di hummus (ma mi sembrava un po’ aggressive quidi l’ho reso più delicato).

Finocchi brasati

Per preparare i finocchi dovete tagliarli a spicchi, lavarli bene e scolarli. In una padella grande scaldate un generoso filo di olio, unite i finocchi e, a fiamma alta, dategli quei colpetti che vi fanno sentire tanto bravi in cucina. Copriteli anche, per qualche minuto, ogni tanto gli date una girata, e dopo 7 minuti al massimo li togliete. Sale, pepe, semi di finocchio et voilà!

Hummus delicato

Per l’hummus invece ho frullato dei ceci (saranno stati 350 g circa) con il succo di mezzo limone, 3 cucchiai di olio, 3 cucchiaini di crema di mandorle, uno spicchio d’aglio tritato, un pezzetto di zenzero tritato, un po’ di acqua di cottura, del sale. Stop.

E vi dico che tutto insieme era davvero molto buono, questo menu frankenstein. Si può faaaaaare!

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parlando di avanzi

quando si parla di avanzi ognuno ha la sua: chi preferisce surgelare tutto per eventuali tempi stretti, chi li regala perché odia mangiare due volte lo stesso piatto, chi li ricicla in operazioni di recupero più o meno riuscite, chi infine apre il frigorifero e ama trovare “la ciotolina di parmigianina diaccia” (ghiacciata) per riempire il buco allo stomaco (cit.).

Io mi rivedo in tutte queste, e vuoi la noia, vuoi esplicite richieste (“mi fai le polpetteee?”), alla fine ci si reinventa sempre un po’.

Ultimamente di ricicloni carini ne son venuti fuori un paio: ve li presento qualora vogliate prenderne nota.

Per riciclare la farinata: dadini nella vellutata!

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La farinata si prepara con 250 g di farina di ceci stemperati in 750 ml di acqua, un pizzico di sale e un paio di cucchiai di olio. Va fatta riposare almeno tutta la notte, mescolando quando vi ricordate, e poi cotta a 250° per 30 minuti circa, in una teglia bella unta di olio bollente. Aggiungere pepe in abbondanza.

La vellutata prevede un soffritto di cipolla e paprika, poi patate a dadini e spinaci anche surgelati, tutto coperto di acqua o brodo vegetale. Dopo 20-30 minuti al massimo, frullare.


Per riciclare invece la classica zuppa di legumi misti: purpett’!

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La zuppa si prepara mettendo a mollo per una notte 250 g di misto-per-minestra-di-legumi, poi cotti con un pezzetto di alga kombu. A fine cottura dei legumi aggiungere un soffrittone di verdure e erbe a piacere e cuocere finché le verdure non sono tutte cotte. Olio, sale, pepe, via.

Le polpette si fanno frullando la zuppa “asciutta” (scolata dall’eventuale brodino) con un pezzo di cipolla e una costa di sedano a dadini, sale, pepe bianco, pangrattato/fiocchi di avena e prezzemolo. Passare nel pangrattato e dorare in padella con un goccio d’olio. Se poi avete anche il sugo da riciclare, la morte sua, allora ciaone.

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torta speziata di mele e zucca

Buongiorno! Come ogni inizio dell’anno che si rispetti, io sparisco nella sessione d’esame e passo le giornate seduta a leggere, sotttolineare e mangiare. Chi mi segue su facebook sa di cosa parlo, ma chi invece viene a trovarmi solo qui si ritrova a bocca asciutta… e questo non va bene. Ho un po’ di piatti in arretrato da proporvi: di alcuni ho preso nota (olè!), di altri no (salutiamoli mentre spariscono per sempre).

Inizio con questa torta di zucca e mele strepitosa: un filo troppo dolce, a mio avviso, ma per il resto davvero buona. La ricetta l’ho tratta da questo blog, ho cambiato un paio di cose e stop. Da provare!

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COSA SERVE:

  • 300 g di farina integrale
  • 200 g di polpa di zucca cotta al vapore
  • 100 g di zucchero di canna
  • 70 ml di olio evo
  • 2 cucchiaini di lievito o cremor tartaro
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 presina di sale
  • 1/2 cucchiaino di zenzero
  • 1 cucchiaino di cannella
  • 1 cucchiaino di vaniglia
  • 200 ml di latte di soia o riso al naturale
  • 70 g di gocce di cioccolato fondente
  • 50 g di mandorle tritate grossolanamente (o noci o nocciole)
  • 3 mele pelate e tagliate a fettine sottili
  • 2 cucchiaini di malto + 2 cucchiai di latte per spennellare

COME SI FA:

Riscaldate il forno a 160/170°.

In una terrina setacciate la farina, le spezie, il lievito, il bicarbonato e il sale. Nel frullatore riunite la zucca, l’olio, il latte e lo zucchero e frullate fino a ottenere una crema liscia. Versate la crema nella farina, aggiungete le mandorle e le gocce di cioccolato e versate in una tortiera rivestita di carta da forno (o unta con un goccio d’olio, togliendo gli eccessi con un foglio di carta assorbente). Infilate le mele a raggiera (vedi foto) senza andare troppo in profondità. Mescolate il malto con il latte e spennellate tutta la superficie della torta.

Infornate e cuocete per un’ora, o fino a quando uno stuzzicadente infilato al centro non uscirà asciutto. (se vi sembra tanto un’ora di cottura, tenete presente che l’impasto con la zucca e le mele è molto umido e stiamo usando una temperatura leggermente inferiore ai classici 180°, che ci permetterà di avere una torta ben lievitata e cotta alla perfezione. Se volete potete alzare a 180° durante gli ultimi 15/20 minuti di cottura)

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quando torni a casa alle otto

e non hai nessuna zuppa pronta dal mattino, nessun avanzo in frigo (anzi a dirla tutta il frigo è deserto), nessuno che cucina per te. Capita a chiunque. Capita anche di non aver proprio voglia di una pasta con… uhm… l’olio? In questo caso o opto per la “frittata” fatta con farina di ceci e cipolle (pronta in quindici minuti al massimo) oppure mi fermo nell’ultimo supermercato che incontro prima di salire sul treno e compro una di quelle tremende bustone di verdura da cuocere tipo spinaci-catalogna-erbette. Quelle già lavate, sì. Perchè se non ho tempo, non ho tempo, e piuttosto che non mangiare verdura, la compro così. Aggiungo anche una lattina di fagioli. Spendo due euro.
[…]
Arrivo in casa e mi tolgo le scarpe. Mi lavo le mani e taglio a fette mezza cipolla, la rosolo in un goccio d’olio mentre faccio a fettine tre patate. Mentre ripasso le patate sciacquo i fagioli sotto l’acqua. Butto in pentola pure quelli, un goccio di vino, mentre evapora metto olio aglio e peperoncino in una padella per le foglie che ho comprato, aggiungo acqua di qua e di là, sale nelle patate e copro. Non più di dieci minuti cronometrati (cinque se siete acrobatici).
Adesso posso andare a cambiarmi, svuotare lo zaino, lavare la schiscetta del pranzo, e quando è pronta la cena sono pronta anche io. Ok, non è alta cucina: ma è buono, riempie e costa poco. È senza glutine. Ha le verdure. Si fa da solo. Personalmente, ci vedo solo lati positivi: perchè non dargli un nome tonante e metterlo sul blog? Ed eccoci qui.

Mash di patate e fagioli alla paprika con catalogna piccante

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Cosa serve (per 2 lupi affamati):

  • 1/2 cipolla (quella che avete)
  • 3 patate
  • 1 lattina di borlotti
  • 400 g di verdura in foglie da cuocere, cruda (erbette, catalogna, spinaci) e pulita
  • 1 spicchio d’aglio
  • olio EVO, peperoncino, paprika, vino rosso, timo, sale alle erbe

Come si fa:
L’ho scritto anche sopra, però in sostanza è più lungo a dirsi che a farsi.
Tagliate a fette la cipolla e mettetela in una pentola con un filo d’olio. Accendete il fuoco medio-basso e pelate e tagliate le patate: più le fate fini, prima cuociono. Io le faccio in 4 spicchi e poi le affetto sottili. Unite le patate alla cipolla che si sarà dorata e mescolate. Scolate e sciacquate bene i fagioli. Aggiungetele in pentola, versate un goccio di vino e mescolate. Mentre il vino evapora prendete una padella, la ungete con un filo d’olio, ci buttate del peperoncino e uno spicchio d’aglio intero e accendete a fuoco alto. Versate le foglie, girate, versate una tazzina di acqua, coprite e abbassate la fiamma al minimo.
Di là il vino sarà evaporato: coprite a filo con acqua (mica volete una zuppa navigante in trenta litri), pizzichino di sale alle erbe e coperchio, fuoco medio.
Ogni tanto controllate e mescolate… soprattutto le erbe.
Cotto? Schiacciate le patate e i fagioli con un cucchiaio o una forchetta. Condite con olio, paprika, timo. Servite.

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la crema dei sogni

la colazione. Croce e delizia dell’italiano medio, da chi non la fa mai (shame on you!) a chi la fa al bar (shame on you lo stesso!), quando salta fuori l’argomento ci si infervora come quando si parla della formazione sbagliata della nazionale. Eppure non è difficile: un frutto, pane e marmellata, un tè caldo sono la mia scelta personale. Poi ogni tanto c’è la torta, ogni tanto i biscotti (vi prego, vi prego, vi prego: se li comprate al supermercato non scegliete quelli con l’olio di palma. Adesso la scelta comincia a essere ampia!), ogni tanto cereali… insomma, non moriamo di noia.
La mia combinazione del cuore nei secoli dei secoli è (rullo di tamburi): pane strapieno di semi (ce n’è uno in val badia che sono praticamente 4 kg di semenza uniti dal minimo indispensabile di impasto da pane con farine buonissssime. Ecco, già sbavo) con sottile strato di tahina (crema di sesamo, ricca di ferro e calcio, crea dipendenza vera. Il gruppo di autoaiuto per tossici di tahina si ritrova in casa mia il martedì sera) e marmellata buona di albicocche (buona=senza zucchero o al massimo poco zucchero di canna!). Fatevi un regalo, provatela!

Arrivo al punto: per le mattine golose, per la voglia di cioccolato, per chi il cioccolato non lo può mangiare, per i nostalgici della crema di nocciole, per i senza zucchero, per i tahinomani (ahoy!), per i carrubomani (malati di carrube: per voi ho fatto anche una toppa bellissima!), per tutti voi amici qui riuniti oggi nel nome della colazione ecco fra noi la crema-paradisiaca-senza-sbatti-pronta-in-due-secondi-olè-olè.

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(Era tutta una scusa per mostrare la tazza nuova che mi hanno regalato a natale, o il mio piattino preferito preso a Londra, o il portafettetostate che tanto amo. Chiaro.)


Cosa serve:

  • 1 cucchiaino colmo di tahina
  • 1 cucchiaino di malto
  • 1 cucchiaino abbondante di carruba in polvere (farina di polpa di carruba)
  • 1 cucchiaino di acqua calda (o té!)

Come si fa:
In una ciotolina mescolate prima carruba e tahina, poi il malto, e infine l’acqua o il té per rendere la crema fluida (potete aggiungere altra acqua). Difficile eh?

Ed ecco la toppa da sfoggiare per l’occasione: ho inciso della gomma nera per creare il timbro, e poi l’ho stampato un po’ ovunque e continuerò a farlo! È uno dei risultati del workshop di xilografia che ho seguito alla Fanzinoteca con il maestro Paolo dell’Officina Stampa Alternativa: che bomba di pomeriggi!
(Info: https://lapipettenoir.wordpress.com
http://praticheyaje.altervista.org/officinastampaalternativa.html)

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il dal che ci accompagna da anni

Un bel po’ di anni fa, a Londra, trovai in una libreria molto nota tutto quello che cercavo: l’intero ripiano di uno scaffale dedicato a libri di cucina vegan! Mi pareva di sognare: qui eravamo fermi a delle cose tristissime. Abbiamo comprato così tanti libri (non solo di cucina, eh) che abbiamo sfondato ogni limite di peso in tutti i bagagli, quello in stiva incluso. Avevo già il mio parka detto Asparagus, comprato per pochi euro in un negozio dell’usato, e nelle sue capienti tascone infilai qualche kg di libri sotto lo sguardo divertito della hostess al check-in. Se ripenso al seguito di quella vacanza, ricordo i primi cupcakes dal libro di Isa Chandra (zucca e cannella, ne abbiam mangiati tipo tre di fila per placare l’entusiasmo!), i cookies, l’arrosto di noci, un brunch preparato di nascosto con il mio compagno di studi al posto di essere a lezione, un sacco di zuppe, la Worcester fatta a mano per preparare i burger di lenticchie prima di una notte di concerti al Leoncavallo: era tutto una continua scoperta.
Inaspettatamente una delle ricette più folgoranti è stata quella di un dal di lenticchie e broccoli. Ripetuto in duemila varianti, seguendo più o meno pedissequamente la ricetta, è un grande classico del nostro inverno. Ieri ce lo siamo concesso con del riso e una birra speciale: la foto è del telefono, quindi è orrenda, ma chiuderete un occhio.
Consigliatissimo dopo le feste!

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Vi riporto la ricetta originale di Lauren Ulm, tratta dal libro Vegan Yum Yum: fate voi le vostre modifiche, viene buona in ogni caso (senza latte, con più o meno lenticchie o broccoli, con spezie diverse…)

Cosa serve (per 2):

  • 2 cucchiai di olio EVO
  • 1 cucchiaino di cumino in semi
  • 1 cucchiaino di senape nera in semi
  • 1/2 tazza di lenticchie rosse
  • 1/2 cipolla tritata
  • 1 broccolo tagliato a pezzetti piccoli
  • 2 tazze di acqua
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 tazza di latte di soia
  • 1 cucchiaio di salsa di soia (senza glutine)
  • 1 cucchiaio di succo di limone
  • 1/2 cucchiaino di curcuma
  • 1/2 cucchiaino di garam masala
  • 1/2 cucchiaino di peperoncino

Come si fa:
Scaldate l’olio con cumino, senape, lenticchie e cipolla. Fate dorare, unite il broccolo, acqua e sale. Quando bolle coprite e cuocete per 20/25 minuti, mescolando ogni tanto. Quando tutto é soffice e ben cotto unite il resto degli ingredienti e spegnete. Servite subito.

Ne approfitto per augurarvi che l’anno si concluda come avete sperato, e che ricominci pieno di aspettative. Io sono immensamente felice di quel che mi sta succedendo, e mi faccio trasportare dalla bellezza. Viva!

A presto!

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risotto di topinambur, semi di zucca e pepe bianco

su una crema di fagioli tre colori e salvia. Semplice, appagante, completo.
Prima avevo la tendenza a mangiare legumi e tofu “una volta ogni tanto”, poi ho fatto i conti: in giornate da “cereali e verdura” (per intenderci) l’apporto proteico era carente, anche se di poco. E quindi adesso sto più attenta a regolare la mia dieta, con piccoli e grandi accorgimenti. Se mangio gli spinaci continuo ad abbinare il succo di limone, ma evito di abbinare cibi troppo ricchi in fibra, in modo che il ferro finisca a me e non nel water assieme all’amica spazzina (dai che sono stata elegante).
E quindi adesso ho una scorta di legumi cotti e surgelati, pronti all’occorrenza. Da oggi è amore puro.

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Ricordo che da adesso le foto saranno scattate col telefono: abbiate pazienza. Poteva andarci peggio!
Le dosi per 3, via (cioè noi 2 + il pranzo di domani in università)

Cosa serve:

  • 170 g di riso semintegrale
  • 300 g di topinambur
  • 2 spicchi d’aglio
  • 3 cucchiai d’olio evo
  • 1/2 bicchiere di vino (per me rosso)
  • brodo vegetale qb
  • 40 g di semi di zucca non salati
  • 1 cucchiaio di prezzemolo tritato
  • pepe bianco in grani
  • 240 g di fagioli (bianchi, neri e borlotti) cotti e pesati da surgelati. Fate a occhio!
  • 5 foglie di salvia
  • 1 pomodoro secco (io uso quelli disidratati, non sott’olio)
  • 1 cucchiaio di olio evo


Come si fa:
Preparate il brodo. Tritate l’aglio dopo aver tolto il germoglio. Pelate e tagliate i topinambur in 4 spicchi e poi a fettine sottilissime. Scaldate l’olio (2 cucc.) con l’aglio, quando sfrigola buttate i topinambur e rosolateli un paio di minuti. Unite il riso, tostatelo velocemente e sfumate col vino, poi fate evaporare. A questo punto iniziate col brodo, poco alla volta, fino alla cottura del riso (30 minuti circa).
Nel frattempo scongelate il vostro piccolo malloppo di fagioli in un pentolino con un bicchiere di acqua o brodo (dipende se li avevate salati o no), fateli bollire con la salvia tagliata fine, e così il pomodoro secco. Quando è tutto ben cotto e un po’ rappreso (ma ancora acquoso) frullate aggiungendo un cucchiaio di olio.
Il riso è quasi pronto, vi rimangono le ultime due cose. Tostate in un padellino senza condimento il pepe in grani: ne esalta l’aroma. Deve diventare caldo ma non bruciato, poi macinatelo (secondo i vostri gusti). Infine, polverizzate nel robot i semi di zucca.
Quando il riso è cotto ma deve assorbire l’ultima parvenza di brodo, spegnete. A fuoco spento unite l’ultimo cucchiaio di olio, il pepe, il prezzemolo tritato e la polvere di semi di zucca. Mescolate e fate riposare qualche minuto prima di impiattare: prima la crema calda (rimettetela sul fuoco un minuto, se necessario) e poi al centro il riso.
Molto soddisfacente!

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pranzi sani e nuovi incontri

buongiorno da un lunedì mattina che più uggioso non si può. Sto aspettando la luce per fare una fotografia ma credo che per oggi non se ne parli. Preparatevi a uno scatto buio!

Cos’è successo nel weekend appena trascorso? Cose belle. Trovate i miei ricettari (tutti, anche i nuovissimi microlibelli con i colori vegetali) allo spazio b**k a Milano che è un posto fi-ghis-si-mo e io sono sulle nuvole per essere in cotanta buona compagnia!

Sabato poi ho preparato il buffet a Macao: il piatto prevedeva burger di zucca, timo e arancia + polenta taragna con semi di sesamo, lino e girasole + crema di spinaci e porri al coriandolo + hummus traditional. Pare che sia stato tutto apprezzato nonostante le cose non fossero calde (gioie e dolori degli aperitivi itineranti) quindi: grazie a chi è venuto (eravate tanti!) e se avete scattato della foto mandatemele a beth.tea[at]gmail[dot]com (io come al solito mi sono dimenticata!) GRAZIE!

Infine domenica ci siamo coccolate con un pranzetto in compagnia di due persone splendide che fanno cose meravigliose: consiglio la visione delle maraconde di Stefania e degli scatti di Alberto. Cosa dire se non WOW?

Veniamo al dunque: come avrete intuito ci siamo ammazzate di cibo e potrebbe essere il caso di riscoprire una ricetta leggera. Una piadina. Ovviamente al concetto piadina tutti associano immediatamente tonnellate di salumi e formaggi ben pressati all’interno. No, ecco, la mia idea era qualcosa di sano e studiato. Ad esempio: se metto una crema fatta con tofu, carote e tahina (pasta di sesamo) ho proteine, calcio, magnesio e beta-carotene, poi aggiungo cavolo rapa crudo e insalata (altra botta vitaminica e mineralizzante) e un giro di olio di semi di lino (quello da frigo eh) per bilanciare l’apporto di omega-3. Tempo stimato: 15 minuti circa. Risultato: mega. Alla crema ho aggiunto anche curcuma e pepe nero per non farmi mancare nulla!

Sotto ci sarà la ricetta ma prima, un annuncio importante: domenica, il 16 novembre sarò a Bologna e terrò un corso di cucina vegan presso lo spazio Il Germoglio in via Duse 17 (San Donato). Sono rimasti solo 3 posti quindi se volete venire a cucinare (e mangiare, dopo il corso ci sarà la cena!) con me vi conviene scrivermi qui sotto! Ecco quello che prepareremo, dall’antipasto al dolce, imparando nuove tecniche per riproporre la solita cotoletta piatti consolidati:

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e ora veniamo alla ricetta!

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COSA SERVE (per 2):

  • 2 piadine senza strutto e latte
  • 200 g di tofu
  • 2 carote
  • un cucchiaio di tahina
  • mezzo cucchiaino di curcuma
  • una macinata di pepe nero
  • un pizzico di sale
  • un cavolo rapa (kohlrabi)
  • mezzo cespo di insalata romana
  • 2 cucchiai di olio di semi di lino

COME SI FA:

in un pentolino di acqua bollire il tofu e le carote a pezzi per 10 minuti. Frullarli con tahina, sale, curcuma e pepe. Affettare il kohlrabi. Lavare e asciugare l’insalata.

Scaldare la piadina, girarla, e farcirla con metà della crema, qualche fetta di cavolo, l’insalata e un cucchiaio di olio di semi di lino. Chiudere e ripetere per l’altra piadina. Servire. Pensare ai benefici.